FiordiRisorse è una business community che ormai ha quasi tredici anni. É nata nel 2008 dall’idea di poche persone, che per mestiere si occupavano di selezione del personale e volevano dar vita ad un gruppo selezionato di professionisti attingendo da Linkedin, un social assolutamente agli albori in quel periodo. L’idea dei recruiter era intercettare dei buoni candidati, e per favorire la selezione è stato organizzato un evento in presenza, al quale hanno sorprendentemente partecipato circa 100 persone, un numero eccezionale per l’epoca. Oggi potrebbe sembrare un risultato banale, ma 13 anni fa utilizzare i social per trovare professionisti e incontrarli dal vivo era una pratica inusuale e pioneristica. La trasformazione è avvenuta poi all’improvviso, così come è accaduto per il giornale Senza Filtro, che dirigo e che nasce proprio da FiordiRisorse.
L’obiettivo del nuovo gruppo consisteva nel parlare in modo nuovo di lavoro, con un linguaggio diverso. L’intenzione era di togliersi simbolicamente la cravatta, uscivamo dagli anni 90/2000 in cui era radicata una visione del lavoro piuttosto ingessata.
Il nuovo stile adottato, meno formale e sicuramente dissacratorio, ha aiutato ad intercettare molte persone attraverso Linkedin e ha portato alla formazione di gruppi fisici regionali. Oggi FiordiRisorse è presente in 9 regioni, l’ultimo gruppo è nato in Puglia lo scorso anno, in Piemonte due anni fa e l’idea è di andare avanti sempre mettendo “le persone al centro”, slogan che per primi abbiamo utilizzato e che è stato utilizzato e preso in prestito da molti nel tempo.
Una delle grandi battaglie che FiordiRisorse porta avanti da sempre è la valorizzazione delle province e delle località considerate a margine dei grandi centri urbani: siamo convinti che il lavoro vada soprattutto raccontato nelle zone dove non arrivano i mezzi di comunicazione, dove parlare e diffondere le notizie trova ancora oggi qualche difficoltà, ma dove la vita accade davvero. L’evoluzione di FiordiRisorse consiste proprio in questo, in una crescita che ha dato vita a grandi progetti diventati ormai il fiore all’occhiello, tra cui il Master in formazione manageriale itinerante, etico e low cost.
Per noi la cultura del lavoro è semplicemente questo: essere molto vigili nell’intercettare in maniera corretta quello che succede nella società, quello che accade nelle aziende e nella vita delle persone.
Ci tengo a sottolineare nuovamente l’importanza delle persone, perché è la base ideale sulla quale abbiamo fondato Senza Filtro, primo giornale in Italia a parlare di cultura del lavoro.
Quello che non si dice mai in maniera corretta è che il tessuto culturale del lavoro italiano è differente dal modello americano o di altri paesi che spesso vengono presi come riferimento. Ciò che noi cerchiamo di fare è valorizzare quello che c’è in questo momento nel nostro Paese e provare a spostarlo ed elevarlo e farlo crescere, tirando fuori anche tutta la polvere che c’è intorno all’associazionismo di categoria, un concetto di cultura del lavoro che non funziona più.
In questo 2020 è stata messa in luce tutta la carenza, non soltanto organizzativa, ma di logica culturale legata al lavoro.
La catena del comando/controllo nei confronti dei collaboratori, la difficoltà ad inserire delle novità tra cui lo smart working o il lavoro remoto, tante piccole cose che hanno veramente dato conferma di quanto ritardo ci sia e di quanto ci sia da fare. Questo gap è legato al fatto che spesso sono stati presi a modello degli schemi che non ci appartengono per cultura, siamo un paese che si basa sulla manifattura, con aziende medio piccole che si portano dietro parecchie difficoltà. Alle nuove generazioni abbiamo creato delle aspettative raccontando un paese che non è il nostro, descrivendo modelli statunitensi che non potremo mai raggiungere. Sono favorevole alla diffusione di una cultura del digitale, ma abbiamo dei limiti da accettare e superare, la nostra realtà è completamente differente da quella americana o californiana. Ci differenziamo, ad esempio, dagli Stati Uniti non solo come tipologia di aziende, ma anche come tessuto e sistema bancario.
La cultura del lavoro deve cambiare e qualche spiraglio si vede. Stanno tramontando vecchi stereotipi, ad esempio quelli di genere: un lavoratore di venti anni oggi non si pone neanche il problema di avere un capo donna, uomo, gay o trans gender.
Chi entrerà nel mercato del lavoro, da qui ai prossimi 5 massimo 10 anni, si troverà ad avere ancora dei responsabili della generazione che oggi è ai vertici delle aziende a cui fa comodo blindare la cultura del lavoro entro certi schemi. Ma il cambiamento è in atto e il momento della svolta è vicino.
Stiamo organizzando un grande progetto legato alle scuole e ai giovani, che partirà nel 2021. Ci siamo resi conto, da 13 anni a questa parte, che le nuove generazioni hanno bisogno di essere guidate, devono e vogliono conoscere il mondo del lavoro da vicino. Si esce da scuola e ci si trova di fronte ad un grande buco nero. Il mondo del lavoro è sconosciuto, ed è colpa di un errore tutto italiano a causa del quale la formazione viene relegata ai primi venti anni della vita di una persona, e poi si va avanti con l’idea che lavorare non si sposi con il concetto di studio e formazione.
Andremo nelle scuole per fare da ponte con i ragazzi per valorizzarli e far loro capire cosa c’è dopo la scuola. Della parola lavoro si abusa continuamente, è un concetto tanto ampio quanto sfuocato, del quale non si comprendono i confini.
Con i giovani bisognerebbe ripartire da zero per poter ricostruire un linguaggio nuovo legato al lavoro, possono diventare un treno in grado di trainare la nuova cultura del lavoro nelle aziende e nelle realtà nelle quali entreranno a far parte. Il lavoro ha una pelle che non racconta mai nessuno, e che invece andrebbe sviscerata proprio per aumentare la consapevolezza e la capacità di fare impresa bene e insieme.
Incontrare Impresa21 è stata una fantastica coincidenza. Ho parlato con il Responsabile del Comitato Scientifico di Impresa21, Alberto Peretti, di un progetto che ho proposto al Direttivo di FiordiRisorse incentrato sulla valorizzazione dei territori e dei piccoli borghi. Credo che quest’anno sarà fondamentale per la rinascita e la crescita della ricchezza culturale delle aree oggi ancora marginali. Tutti parlano ormai della fuga felice nei paesi, accelerata anche dall’emergenza covid e dallo smart working, ma in realtà di felice questo processo ha ben poco, perché ci si scontra con una mancanza di servizi e di possibilità che rallenta ogni iniziativa.
Vivere nei piccoli borghi vuol dire oggi farsi carico di una serie di sacrifici e di mancanze: sono difficilmente raggiungibili, non danno servizi, mancano di alcune attività fondamentali. Parlare di andare nei borghi e vivere e lavorare in tranquillità è una delle grandi bugie della politica di oggi, non si sa di cosa si sta parlando perché non si conosce veramente la vita nei piccoli centri. Quello che bisogna fare è entrare in contatto con queste realtà, capire quali esigenze hanno e creare con loro una osmosi per provare a portare la cultura del lavoro e prendere in cambio la ricchezza che hanno da offrire in termini di stile di vita più sano o il mantenimento di valori e tradizioni che stanno scomparendo nelle città.
L’incontro con Peretti è stato quindi una occasione per conoscere Impresa21 e i progetti futuri, per capire che bisogna andare avanti senza mitizzare i piccoli borghi, continuare con prudenza e con grande rispetto di quello che ancora non si conosce bene. Altrimenti il rischio che si corre è quello di arrivare in una piccola realtà portando idee dirompenti, che non fanno altro che spaventare la popolazione e creare una chiusura rispetto al nuovo rovinando equilibri ormai consolidati.
In questi giorni sto affrontando una tematica sensibile legata alla distribuzione dei giornali di carta. Purtroppo molti distributori stanno tagliando i ponti con i centri più isolati come ad esempio Lampedusa, ma è successo anche nel Lazio e in altri piccoli comuni. Il fenomeno si sta verificando con la scusa che tanto ormai l’informazione viaggia online, ma non è vero, non per tutti è così, non dappertutto almeno. Poter andare in edicola a comperare un quotidiano e leggerlo sulla panchina della piazza significa tenere in vita il paese. Il rischio grandissimo è smarrire nel concetto di digitale la ricchezza della vita sociale.
Una riflessione sui borghi può aiutarci a riprendere confidenza con il tempo, dimensione che in questo anno così particolare ha subito una dilatazione dandoci l’illusione di avere più spazio per noi, trovandoci invece poi sommersi dagli impegni.
In questo anno coì particolare abbiamo perso i confini del tempo e dello spazio, due coordinate fondamentali per un corretto andamento della vita e in questo i borghi possono insegnarci molto restituendoci il giusto ritmo del vivere. É una grande battaglia che sto portando avanti insieme a Senza Filtro da quando è iniziata la pandemia: stiamo cercando di dare spazio a tutte quelle notizie che le grandi testate giornalistiche ignorano, che si perdono nelle varie agenzie stampa. Tutto quello che accade in provincia e nei piccoli centri si perde, sparisce, e con loro una parte della vita dell’Italia.
In questo senso Fior di Risorse, Senza Filtro e Impresa21 possono fare molto insieme, possono creare uno scambio culturale per la diffusione di una nuova cultura del lavoro. La condivisione di idee sarà un arricchimento, senza il timore che le idee e i progetti possano essere “rubati”, ma con la speranza e la consapevolezza che lavorare insieme possa dar vita a progetti concreti di crescita reciproca.
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